Aggiornare il Piano nazionale malattie rare, scaduto da quattro anni. Rafforzare l’assistenza territoriale e, alla stesso tempo, promuovere concretamente telemedicina e teleassistenza. Sbloccare l’iter del Testo unico sulle malattie rare, fermo in Parlamento. E ancora: sostenere e riorganizzare la ricerca. Sono i cinque punti fondamentale della relazione programmatica presentata dall’Intergruppo parlamentare sulle malattie rare, condivisa e sottoscritta da numerose associazioni di pazienti.
“Non è un bel momento per le malattie rare: se in passato, con grandi sforzi, avevano attirato almeno un po’ l’attenzione del ministero della Salute, con l’arrivo del coronavirus sembrano essere del tutto passate di moda. Ma i 2 milioni di persone che ne sono affette non scompaiono distogliendo gli occhi e la pandemia ha reso la loro vita ancora più difficile”, commenta la senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo. E incalza: “Ci si sarebbe aspettati che a loro fosse destinata almeno una piccola parte dei 68 miliardi in arrivo con il Recovery Fund, invece nelle prime proposte del ministero non vi è traccia: un brutto segnale di disattenzione che segue la mancata attribuzione di una delega specifica sulle malattie rare ai viceministri e sottosegretari”.
La relazione programmatica, intitolata “Malattie rare come priorità di sanità pubblica” è stata presenta nel corso di una conferenza online promossa in collaborazione con l’Osservatorio malattie rare (Omar). Il documento ha assorbito in parte il position paper dell’Alleanza malattie rare su “Cure territoriali e malattie rare” ed è stato firmato da numerose associazioni dell’alleanza stessa in rappresentanza del vasto mondo dei malati rari italiani.
“La pandemia – ha spiegato la senatrice Binetti – ha riacceso i riflettori sulla medicina e sul funzionamento del sistema sanitario: ci ha messo di fronte ai limiti di un modello ‘ospedalocentrico’. Nel momento in cui gli ospedali sono stati necessariamente destinati ai ‘grandi numeri’ generati dal coronavirus – come è logico in una pandemia – a farne le spese sono stati ‘i piccoli numeri’, in primis le persone affette da malattie rare, improvvisamente private di molte delle attenzioni conquistate negli anni e con fatica. Per loro i problemi e i bisogni, sia in quanto malati rari sia in quanto persone a maggior rischio in caso di infezione da coronavirus, sono aumentati in modo esponenziale, ora dobbiamo porvi rimedio. Serve però non un rimedio temporaneo – avverte Binetti – ma strutturale, istituzionalizzato: per questo occorreva che dal Parlamento partisse un messaggio chiaro, forte e messo nero su bianco”.
Prima dell’emergenza, le malattie rare avevano comunque conquistato l’attenzione del Parlamento, dove poi si è arenato un Testo unico dedicato al settore. “Si era trovata anche una convergenza tra tutte le forze politiche che aveva permesso celerità nell’iter d’esame – ha spiegato Fabiola Bologna, segretario della Commissione Affari Sociali della Camera e relatrice del provvedimento – Con l’arrivo del coronavirus ci sono stati inevitabilmente dei rallentamenti, ma dobbiamo evitare che questi si protraggano a lungo. Alla luce delle difficoltà che la pandemia ha causato o messo in evidenza, l’approvazione di questo testo è ancora più importante: consentirebbe infatti di sviluppare più velocemente le reti territoriali, sanitarie e sociali, necessarie alla cura delle persone con malattia rara e, in un periodo in cui la loro salute è maggiormente a rischio, garantirebbe una maggiore velocità di accesso alle terapie che vengono approvate. La medicina non ha ancora trovato un modo di proteggerli dal coronavirus, ma spesso ha delle soluzioni per le loro patologie ed è fondamentale che possano utilizzarle non appena disponibili e senza disparità regionali. Per questo motivo – conclude l’onorevole Bologna – con la collaborazione delle associazioni, abbiamo lanciato un appello e continuiamo a chiedere che la proposta di legge sia calendarizzata nei lavori di Aula al più presto”.
Come in altri ambiti della sanità, una delle questioni cruciale è la disomogeneità nella presa in carico dei pazienti a livello regionale. “Un esempio evidente – aggiunge la senatrice Binetti – si è potuto vedere nell’ambito della continuità terapeutica per i malati rari che necessitano di periodiche terapie, talvolta anche settimanali, da somministrare in ambito ospedaliero o comunque sotto diretto controllo medico. Ma durante la pandemia, per tutelare soprattutto le categorie a rischio, è stato necessario rimanere a casa, evitare i luoghi del possibile contagio, e dunque, in primis, ospedali e ambulatori. Se in alcune Regioni ci si è velocemente organizzati affinché queste terapie potessero essere fatte a domicilio, con i massimi protocolli di sicurezza, in altre questo non è accaduto”.