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La risonanza magnetica nella diagnosi precoce nelle malattie neurodegenerative

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L’applicazione di tecniche avanzate di neuroimmagine, basate sull’utilizzo della risonanza magnetica (RM), si è dimostrata uno strumento molto promettente per identificare biomarcatori affidabili per la diagnosi precoce e il monitoraggio della progressione delle malattie del motoneurone (MND), grazie alla elevata sensibilità per le alterazioni dell’encefalo tipiche di queste malattie e alla loro non-invasività.

Sono questi alcuni dei risultati più rilevanti dello studio coordinato dal Professor Massimo Filippi, Professore Ordinario di Neurologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore dell’Unità di Neurologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, e recentemente pubblicati sull’importante rivista scientifica Neurology. Lo studio si è avvalso della collaborazione di altri due centri clinici (Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, e Università di Torino). Questa ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute e da AriSLA, Fondazione Italiana di Ricerca per la SLA (Progetto ‘ConnectALS’, vincitore Bando 2014).

In questo studio è stata applicata una tecnica particolare di risonanza magnetica che utilizza uno strumento definito “tensore di diffusione”, che consente di valutare l’integrità dei tratti della sostanza bianca (ovvero l’insieme dei fasci di fibre nervose) appartenenti a una specifica rete neurale attraverso la raccolta di immagini tridimensionali, in aggiunta all’uso della RM funzionale a riposo che valuta l’organizzazione delle principali reti funzionali dell’encefalo. L’insieme delle interazioni strutturali e funzionali tra le diverse aree cerebrali è definito connettoma e la tecnica che lo studia è chiamata connettomica.

L’analisi matematica dei dati raccolti ha fornito numerose informazioni sul funzionamento del connettoma in pazienti con diverse manifestazioni di MND, sia confrontati tra loro che rispetto a soggetti di controllo. Di grande interesse in questo studio è l’applicazione della connettomica in un contesto multicentrico, poiché i pazienti con MND sono stati studiati in tre differenti centri italiani, dimostrando la possibilità di poter standardizzare le misure con risultati comparabili tra i centri (Ospedale San Raffaele e Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, e Università di Torino).

Lo studio ha dimostrato una degenerazione diffusa delle reti neurali motorie ed extra-motorie che correlava con la compromissione clinico-cognitiva nei pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e sclerosi laterale primaria (PLS), mentre i pazienti affetti da atrofia muscolare progressiva (PMA) mostravano un’organizzazione cerebrale preservata.

Questa ricerca dimostra che lo studio della connettività cerebrale strutturale e funzionale a riposo ha la potenzialità di evidenziare non solo la degenerazione di determinate aree cerebrali, ma anche la degenerazione delle connessioni strutturali e funzionali tra le aree, cioè l’alterazione delle reti neurali che permettono alle diverse parti del cervello di “parlare” tra loro.

Il Professor Massimo Filippi afferma: “I nostri risultati suggeriscono che la connettomica possa rappresentare un approccio affidabile e accurato per studiare l’impatto della degenerazione del primo motoneurone a livello cerebrale, i cambiamenti cerebrali extra-motori e la riorganizzazione delle reti neurali associata alle MND. Le analisi di RM avanzata basate sulle reti neurali sono strumenti promettenti per valutare in vivo i cambiamenti patologici associati alle MND e per fornire dei potenziali marcatori diagnostici e prognostici”.

Il Presidente di Fondazione AriSLA, Mario Melazzini, dichiara: “Il risultato ottenuto dal gruppo di ricerca guidato dal Professor Filippi testimonia ancora una volta l’altissima qualità della ricerca condotta nel nostro Paese e la necessità di garantire continuità al percorso intrapreso per sconfiggere la SLA. Noi come AriSLA lo sosteniamo da tempo e lo ribadiamo: la ricerca scientifica costituisce l’unico strumento in grado di individuare risposte concrete per i bisogni delle persone con SLA e quest’ultimo traguardo raggiunto, che giunge in concomitanza di una data significativa qual è la Giornata Nazionale SLA promossa dal nostro Socio Fondatore, AISLA, e celebrata in Italia il 20 settembre, sottolinea il ‘fil rouge’ che lega fortemente chi fa ricerca con chi convive con una malattia. Per raggiungere nuovi obiettivi è fondamentale continuare a fare gioco di squadra e il nostro impegno a tal fine è fornire tutto il supporto possibile ai nostri ricercatori”.

Il Direttore scientifico di AriSLA, Anna Ambrosini, commenta: “Siamo molto felici di aver cofinanziato questo progetto di ricerca, che consente di compiere nuovi passi in avanti nello studio di una malattia complessa come la SLA. In particolare, l’individuazione di nuovi metodi, più rapidi e meno invasivi, come quelli identificati dallo studio, che puntano ad accelerare la diagnosi e monitorare la progressione di diverse malattie neurodegenerative, potrà avere importanti ricadute nelle azioni successive di contrasto delle patologie. Il nostro impegno è di continuare a sostenere i ricercatori impegnati a sconfiggere la SLA come dimostra l’ultimo bando AriSLA, rivolto a finanziare ricerca clinica osservazionale, ricerca di base e pre-clinica, finalizzate alla maggiore comprensione della malattia e mettere a punto metodologie per lo sviluppo di nuove terapie e per la diagnostica, al fine di garantire una migliore cura dei pazienti”.

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