Troppo spesso rarità è stata sinonimo di invisibilità. Difficile, infatti, che le malattie rare trovino spazio sui giornali, fatte salve le singole storie, clamorose, eccezionali ma proprio in quanto tali, percepite come staccate dalla cosiddetta vita “normale”. Invisibili, certi pazienti, persino a medici e ricercatori, non certo per indifferenza, ma per mancanza di conoscenze. Se di una malattia si sa poco o nulla, neanche il medico sa cosa fare, cosa prescrivere, a chi indirizzare. Per la ricerca poi è complicato indagare su patologie che, colpendo pochi, non sono di pubblico interesse (che poi così pochi non sono: almeno un milione in Italia, 30 milioni in Europa e 300 milioni in tutto il pianeta, ma bassa è la frequenza di ciascuna patologia) e vengono quindi trascurate dai finanziamenti. Per non parlare dei farmaci, la cui denominazione di “farmaci orfani” la dice lunga.
Tuttavia, da un pò di tempo, qualcosa è cambiato e il velo di invisibilità ha cominciato a squarciarsi: di malattie rare si parla di più, delle storie delle persone ma anche di studi che hanno per oggetto mutazioni genetiche e meccanismi molecolari individuati come potenziali responsabili di tali patologie; aumenta il numero di quelle che possono beneficiare della terapia genica; emergono dall’invisibilità bisogni, problemi, desideri dei pazienti. E, a volte, grazie all’assistenza socio-sanitaria, a leggi di civiltà e a una tecnologia sempre più “intelligente”, anche soluzioni o perlomeno aiuti concreti.
Tutto questo è frutto di un’aumentata consapevolezza che affonda le sue radici e si nutre di quella linfa preziosa che è l’operato instancabile delle Associazioni di pazienti e dei loro familiari. Da loro nasce un’attività di sensibilizzazione che non conosce sosta, che non perde occasione e che tocca l’apice nella celebrazione della Giornata delle Malattie Rare, quando in ogni parte del mondo – un centinaio i Paesi protagonisti – le Associazioni di pazienti, le Istituzioni, gli operatori sanitari, i ricercatori, i caregiver sono coinvolti nell’organizzazione di migliaia di eventi.
Un’occasione preziosa, giunta alla XIV edizione, che simbolicamente viene celebrata il 29 febbraio (il giorno più raro che capita ogni quattro anni) e quando manca, come quest’anno, il 28, in cui si uniscono le forze per portare l’attenzione di tutti sui malati rari e per promuovere azioni concrete per migliorarne la qualità di vita.
La pandemia da SARS-CoV-2, oltre ad aver provocato conseguenze molto gravi per la comunità delle persone con malattia rara quanto a continuità nell’assistenza e ad isolamento forzato, ha anche impedito molti degli eventi dal vivo, ma non fermerà quelli che saranno organizzati nel rispetto delle misure di contenimento previste in ogni Paese e quelli, numerosi, organizzati online.
Fisicamente distanti, dunque, ma uniti da un unico obiettivo: fare in modo che nessuno venga lasciato indietro, né dalla ricerca scientifica né dalle tutele sanitarie e sociali.