È stato effettuato di recente un importante aggiornamento all’interno della scheda tecnica di un farmaco per una malattia rara, inserendo per la prima volta i dati di comparazione dell’efficacia con un’altra soluzione terapeutica molto simile. Si tratta della scheda tecnica di agalsidasi beta, indicata per il trattamento della malattia di Fabry, una grave malattia ereditaria causata dall’assenza o dallo scarso funzionamento di un enzima l’alfa-galattosidasi A (alfa-gal A), che comporta l’accumulo nei lisosomi, organuli cellulari deputati alla degradazione di varie molecole, di un particolare gruppo di grassi chiamati sfingolipidi. Questo accumulo porta nel tempo al mal funzionamento delle cellule con conseguenti danni a carico di diversi organi e apparati. Agalsidasi beta è una terapia enzimatica sostitutiva (enzyme replacement therapy – ERT) che agisce reintegrando l’enzima mancante o deficitario per poter eliminare il substrato accumulatosi nei tessuti degli organi e, quindi, prevenire o stabilizzare il processo di declino funzionale nei diversi organi bersaglio.
È stata approvata dall’EMA nel 2001, in contemporanea con un’altra terapia enzimatica sostitutiva per il trattamento specifico della malattia di Fabry, dal funzionamento e principio attivo molto simile, ovvero agalsidasi alfa. Gli effetti positivi di entrambe le soluzioni terapeutichesono stati trattati in numerosi trials clinici, studi osservazionali e dati di registro. 2 Nell’aprile 2003, dopo una rigorosa valutazione di entrambi i prodotti da parte della FDA statunitense, è stata concessa l’autorizzazione alla commercializzazione negli Stati Uniti solo all’agalsidasi beta (Fabrazyme), mentre in Europa e in Canada sono stati approvati entrambi.
Negli anni successivi, l’assenza di studi di confronto diretto tra le due molecole, imputabili soprattutto al ridotto numero di pazienti arruolati e ai diversi criteri di inclusione e a differenti outcome, hanno reso impossibile trarre conclusioni su quale farmaco sarebbe stato considerato il farmaco con i dati di efficacia più robusti nel trattamento della malattia di Anderson-Fabry.
Tra il 2009 e il 2012, a causa di un problema produttivo che ha interessato agalsidasi beta, la European Medicines Agency (EMA) ha raccomandato di utilizzare dosaggi ridotti del farmaco oppure di far passare i pazienti al trattamento con agalsidasi alfa. Questo frangente e gli outcome registrati successivamente nei pazienti hanno stimolato studi indipendenti di comparazione tra i due farmaci.
Tre diversi studi tedeschi, che prendono in considerazione la stessa popolazione di pazienti ma su un numero diverso di anni di osservazione, hanno constatato che solo i pazienti rimasti a dosaggio standard di agalsidasi beta erano risultati stabili clinicamente, mentre coloro che avevano assunto un dosaggio ridotto dello stesso o che erano passati ad agalsidasi alfa, avevano avuto un peggioramento della sintomatologia dolorosa e, soprattutto, della funzionalità renale (eGFR).
Questi risultati sono coerenti con i dati di follow-up a 10 anni (2007-2017) del Canadian Fabry Disease Initiative Registry, studio indipendente finanziato dal Ministero della Salute Canadese, che ha dimostrato come l’uso di agalsidasi beta è associato ad un tasso più lento di declino della funzione renale nei maschi e a un numero significativamente inferiore di eventi renali rispetto all’uso di agalsidasi alfa. Questo dato viene confermato anche nello studio osservazionale Lenders del 2020.
Inoltre, nei due studi osservazionali 4 , 5 è stato osservato un aumento dei sintomi correlati alla malattia di Fabry in pazienti che avevano ricevuto una riduzione della dose di agalsidasi beta per un periodo prolungato.
Il dato significativo che emerge quindi da questi studi è il deterioramento dei parametri renali, misurato come la velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR), nei pazienti trattati con una dose inferiore di agalsidasi beta o con il dosaggio standard di agalsidasi alfa e un aumento dei sintomi gastrointestinali che fanno parte della storia naturale della patologia. Le riduzioni annuali dell’eGFR risultavano invece attenuate nei pazienti che sono tornati in trattamento con la dose
standard di agalsidasi beta. Il risultato di maggior rilievo degli studi risulta essere l’efficacia della terapia di sostituzione enzimatica, che riduce sensibilmente i danni a carico dei maggiori organi colpiti dalla malattia.
Oggi, per la prima volta, i dati di confronto tra le due terapie, che sottolineano la maggiore efficacia almeno a livello renale di agalsidasi beta rispetto ad agalsidasi alfa sono stati inseriti nella scheda tecnica di agalsidasi beta.