In occasione dell’edizione virtuale del XI Congresso Nazionale SITE, bluebird bio, GmbH. (Nasdaq: BLUE) ha annunciato oggi che i dati del sottogruppo di dieci pazienti
italiani partecipanti allo studio di Fase 3 attualmente in corso con betibeglogene autotemcel (beti-cel) dimostrano che i pazienti con β-talassemia trasfusione-dipendente (TDT) e un’ampia serie di genotipi, fasce d’età e livelli di severità raggiungono e mantengono la TI con significativo miglioramento dei livelli di Hb (11,8 g/dl) rispetto al basale.
“I risultati della coorte di pazienti italiani sono molto incoraggianti per coloro che convivono con la TDT, la cui sopravvivenza è legata a trasfusioni croniche per tutta la vita e a terapia ferro-chelante regolare”, commenta Franco Locatelli, Professore Ordinario di Pediatria, Università “La Sapienza” di Roma e Direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. “In seguito al trattamento con beti-cel, tutti e dieci i pazienti hanno raggiunto e mantengono l’indipendenza dalle trasfusioni, a prescindere dal genotipo e dall’età. Vedere i pazienti raggiungere l’indipendenza dalle trasfusioni e mantenere nel tempo questo beneficio clinico con livelli di emoglobina consistenti è estremamente gratificante. I dati a lungo termine raccolti, che dimostrano miglioramenti nell’istologia del midollo osseo, nello stato del ferro corporeo e nella sopravvivenza dei globuli rossi, indicano che beti-cel può consentire di correggere la fisiopatologia sottostante la β-talassemia trasfusione-dipendente”.
L’endpoint primario d’indipendenza dalle trasfusioni (TI) è stato raggiunto e mantenuto da una
popolazione più ampia di talassemici che partecipa agli studi di Fase 3. Precedentemente al trattamento con beti-cel, tutti e dieci i pazienti italiani avevano ricevuto in media a 20,5 trasfusioni di sangue all’anno (min.-max. 17.5–37), indipendentemente dal genotipo ed età, mostrando un carico trasfusionale più alto rispetto alla popolazione più ampia di talassemici. La risposta positiva dimostra che anche i pazienti più gravemente colpiti dalla patologia rispondono positivamente alla terapia, raggiungendo livelli di emoglobina consistenti in seguito all’infusione di beti-cel.
Nei pazienti trasfusione indipendenti, si è osservato un miglioramento dei marcatori di eritropoiesi inefficace, supportando il potenziale di beti-cel nel correggere la fisiopatologia sottostante la TDT. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, il regime di trattamento è stato in generale coerente con gli effetti conosciuti del condizionamento mieloablativo con monoagente busulfano.
“La nostra visione sul beti-cel è di agire sulla fisiopatologia sottostante la β-talassemia trasfusione-
dipendente, consentendo ai pazienti di produrre livelli adeguati di emoglobina per raggiungere
l’indipendenza dalle trasfusioni a vita”, afferma David Davidson, M.D., Chief Medical Officer di bluebird bio. “I risultati positivi che abbiamo visto nella Coorte di pazienti italiani rappresenta un importante passo avanti nell’utilizzo della terapia genica come una possibile soluzione terapeutica valida che potrebbe cambiare radicalmente la vita delle persone con TDT di diverse fasce d’età e genotipi”.
La TDT è una malattia genetica grave causata da mutazioni del gene della β-globina che inducono valori di emoglobina ridotti o assenti. La TDT colpisce circa l’1,5% della popolazione mondiale e circa 6,500 persone in Italia. Per sopravvivere, le persone affette da TDT sono costrette a trasfusioni croniche di sangue per tutta la vita per mantenere adeguati livelli di emoglobina. Tali trasfusioni comportano un inevitabile sovraccarico di ferro che, se non trattato con terapia chelante per rimuoverne l’eccesso dall’organismo, si accompagna ad un progressivo danno in numerosi organi. Per molti anni il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (TCSE allogenico) è stato l’unico trattamento potenzialmente curativo per la TDT. Tuttavia, tale approccio trova alcune limitazioni in relazione alla disponibilità di donatori ed è associato a rischi.
Al Congresso SITE è stato presentato anche uno studio retrospettivo monocentrico che ha analizzato pazienti con β-talassemia sottoposti a TCSE allogenico (N=80) – la maggior parte dei quali affetti da TDT (79/80) – all’Ospedale Bambino Gesù di Roma durante il periodo marzo 2011 e agosto 2018. Lo studio ha dimostrato che il TCSE allogenico ha portato a risultati positivi per la maggior parte dei pazienti e all’interruzione delle trasfusioni. Tuttavia, il TCSE è ancora associato alla malattia da rigetto del trapianto (GVHD), mancato attecchimento e morte. Solamente il 22,5% dei pazienti aveva un donatore familiare di CSE con antigene leucocitario (HLA) compatibile, evidenziando una limitazione importante del TCSE allogenico.
I risultati positivi osservati nella Coorte di pazienti italiani rappresenta un passo avanti importante per poter offrire ai pazienti con TDT di diverse fasce d’età e genotipi la terapia genica come un’opzione potenzialmente in grado di cambiare la loro vita in meglio.