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COLANGIOCARCINOMA INTRAEPATICO

Nuovi farmaci biologici contro il colangiocarcinoma

Un raro tumore del fegato in aumento
In totale sono circa 5.000 gli italiani che ogni anno ricevono una diagnosi di carcinoma delle vie biliari. In particolare il colangiorcarcinoma intraepatico (CCI) è il secondo tumore del fegato più frequente, rappresenta il 10-15% di tutti i tumori epatici e si manifesta in maniera più subdola e meno chiara con sintomi che vanno dalla perdita di peso, all’astenia e all’obesità. “Negli ultimi anni stiamo osservando nella pratica clinica un incremento delle forme intraepatiche, pari a circa il 4% annuo, in alcuni paesi europei tra cui anche l’Italia. – afferma Giovanni Brandi, Presidente Gruppo Italiano Colangiocarcinoma (GICO). – Si tratta di un aumento reale non legato a miglioramenti della diagnostica che comincia ad interessare perfino un target pazienti diverso rispetto al passato, ovvero giovani a partire dai 30 anni. Inoltre previsioni molto realistiche ci dicono che tra 15 anni le neoplasie intraepatiche costituiranno la causa di circa la metà delle morti primitive per il fegato, come gli epatocarcinomi”.
Un aspetto importante per il trattamento di questi pazienti è l’individuazione di eventuali mutazioni genetiche. Negli ultimi anni, infatti, la ricerca ha permesso di individuare alcune mutazioni del DNA alla base della proliferazione incontrollata delle cellule.
“Oggi conosciamo le mutazioni geniche che guidano la crescita dei colangiocarcinomi. In particolare, circa la metà dei colangiocarcinomi intraepatici ha almeno una mutazione rilevante per la terapia in quanto costituiscono il target di farmaci a bersaglio molecolare – afferma Davide Melisi, Professore Associato di Oncologia, Università di Verona. – Le mutazioni che sono indispensabili, ormai da ricercare alla diagnosi, sono quelle del recettore del Fibroblast Growth Factor, detto anche FGFR-2 e le mutazioni di un gene che codifica per una proteina coinvolta nel metabolismo che si chiama IDH-1”.
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